di Fabiola Gnoli
L’acqua è l’elemento chiave nella storia di Ninfa e del suo territorio, la sua forte presenza caratterizza da sempre le interazioni fra uomo e ambiente naturale. Nell’antichità l’acqua dolce, che affiorava dalle rocce in luoghi apparentemente aspri, era ritenuta sacra, oggetto di venerazione popolare. Spesso il culto delle Ninfe si svolgeva in località caratterizzate dalla presenza di sorgenti o torrenti, tra questi rientrerebbe perfettamente il sito dove, nell’VIII secolo d.C., nacque e si sviluppò la Massa di Ninfa, alle pendici del Monte Mirteto, immediatamente sotto la rupe calcarea di Norba e in prossimità di numerose fonti sotterranee.
Antiche leggende associavano alle fonti le mitiche creature simboleggianti le forze della natura: le Ninfe Naiadi.
La loro presenza, molto temuta, avrebbe portato la popolazione locale ad erigere un tempio dedicato al loro culto, dal quale avrebbe preso nome il fluvius Nymphaeus. Plinio nella Naturalis Historia raccontava prodigiosi fenomeni accaduti sulle acque di questo fiume: piccole isolette dette saliari – ossia ballerine – avrebbero galleggiato
sul Ninfeo muovendosi a tempo di musica e delle fiamme si sarebbero sprigionate dalle pietre dello stesso fiume ogni volta che l’acqua piovana veniva a contatto con esse (Plin. N.H. II, 209 Plin., N.H. II,240).
La tesi secondo la quale il sito di Ninfa ospitava in età repubblicana un luogo sacro relativo al culto delle acque è stata presa in considerazione dagli studiosi sin dagli inizi del ‘900. Gli archeologi Tomassetti ed Ashby associarono infatti ad un edificio templare di piccole dimensioni alcuni blocchi squadrati e materiale fittile vario, rinvenuti nel sito nel 1908 in occasione di lavori per l’installazione di una centralina elettrica. Bisogna ricordare inoltre come durante i restauri di alcuni degli edifici medievali di Ninfa compiuti negli anni ‘90 gli esperti datarono alcuni dei blocchi che li costituivano all’epoca romana e dunque a costruzioni precedenti, ad essa coeve.
Le foto scattate da Thomas Ashby durante i suoi sopralluoghi riprendono alcuni operai intenti a spostare grandi massi mentre altri blocchi – apparentemente in situ -sono riconoscibili nei pressi del cosiddetto ponte romano.

Ninfa si estende su una superficie pianeggiante solcata dal fiume e in prossimità dell’antica via preromana nota come Pedemontana ed è circondata dalla corona protettiva dei Monti Lepini e da importanti città collinari quali Cora (odierna Cori) e Norba (odierna Norma). Tale ubicazione geografica doveva risultare particolarmente felice in antico: una rete viaria locale creava infatti un punto di raccordo tra i centri urbani collinari circostanti, il fiume Ninfeo permetteva uno sbocco al mare all’altezza del Lago di Fogliano, mentre la Pedemontana assicurava il collegamento con Roma.
L’ampia zona compresa fra la Pedemontana e la via Setina lungi dall’essere paludosa in questo periodo, risultava piuttosto adatta alla strutturazione di un’articolata rete viaria i con relativi insediamenti agricoli. Il Groningen Institute of Archaeology tramite ricognizioni intensive ha scoperto sotto quella che un tempo era la Colonia di Norba la presenza di molti siti “minori”, ossia piccole fattorie, attive in un periodo compreso tra l’età arcaica ed il primo periodo imperiale. Questo dato ci permette di dar ancora maggior credito a quanto detto circa il tempio
delle Ninfe. In età romana infatti le divinità venerate costituivano l’unico elemento in grado di garantire protezione alle popolazioni rurali sparse su un vasto territorio in assenza di una cinta muraria urbana.
Le associazioni LU.PA. ed A.S.S.O., specializzate in archeologia subacquea, hanno condotto delle immersioni nel Lago di Ninfa rispettivamente nel 1994 e nel 2010, allo scopo di verificare la presenza attuale di resti sul fondale di questo piccolo bacino artificiale, creato dall’installazione della diga posta dai ninfesini tra il XII e XIII secolo d.C. In particolare l’immersione del 1994 ha portato all’individuazione del sito dove un
tempo sgorgava in superficie la sorgente del fiume Ninfa, posta nella zona corrispondente alla sponda del lago che oggi è direttamente raggiungibile dalla strada che costeggia l’area di Ninfa (l’antica via Pedemontana).
Il sopralluogo, partito dal centro del lago e diretto verso la montagna ha permesso di individuare la sorgente sotterranea e l’originario primo tratto del fiume; in tale punto sono venuti in luce i primi blocchi di travertino, in ordine sparso. Procedendo in direzione della sorgente, a una profondità di circa 5 m., è stata poi riscontrata l’esistenza di una vasta area completamente ricoperta di un selciato delimitato da quello che all’apparenza sembra un muretto. Nell’area centrale di questo “recinto” la vegetazione è apparsa molto più fitta e sono stati rinvenuti altri blocchi, interpretati – date le loro minori dimensioni – come la possibile scalinata del tempio.
Vorrei ricordare in chiusura un altro importante tassello per la ricostruzione storica di Ninfa ovvero la campagna di indagini diagnostiche dell’Istituto Storico Germanico di Roma. Un progetto di rilevazioni non invasive condotto nel perimetro della città medievale di Ninfa al fine di ricostruirne per l’appunto la struttura insediativa originaria. Si attende una pubblicazione dei risultati seguiti alle varie operazioni di sopralluogo
con l’esecuzione di sondaggi geomagnetici in alcune piccole zone del giardino interessate dalle strutture medievali.
La suggestiva Ninfa non finisce di sorprenderci, speriamo fiduciosi che la sua limpida sorgente ci porti in futuro nuove interessanti storie dal passato.