di Antonella Ponsillo
Maestoso e silenzioso custode dei segreti di Ninfa, il “pioppo nero” ha conquistato questo ruolo da decenni, prima ancora che nascesse il Giardino, e ha offerto ospitalità a centinaia di generazioni di animali che fra le sue fronde hanno trovato un sicuro rifugio. Situato nel Giardino a ridosso del muro di cinta, presso il “Ponte a due luci”, è stato ammirato ed osservato con timore quasi reverenziale dai visitatori a partire dalla seconda metà del Novecento. Il mondo scientifico ne ha confermato l’importanza a cominciare dal 1982, quando gli specialisti del Corpo Forestale dello Stato, nella stesura del primo censimento delle specie di particolare valore, lo hanno inserito fra gli “Alberi Monumentali d’Italia”. Questo patriarca verde, insieme ad altri esemplari appartenenti a specie diverse individuate in tutto il territorio nazionale, è protetto dal “Codice dei beni ambientali e paesaggistici” che prevede misure di tutela e di valorizzazione degli alberi considerati come soggetti giuridici. Questi, testimoni del lungo lavoro della natura, sono dotati di un intrinseco valore estetico, culturale, naturalistico, espressione della storia di un luogo che li colloca allo stesso livello dei monumenti artistici creati dall’uomo.
Gli aspetti che interessano la monumentalità di questo pioppo sono relativi alle dimensioni, alla forma della chioma, al ruolo paesaggistico e al ruolo ecologico, costituendo l’habitat esclusivo di diverse specie di entomofauna, di avifauna (tra cui il raro picchio verde), di micro e macromammiferi.
Nell’ultimo monitoraggio, effettuato nel dicembre del 2015, per il Populus nigra di Ninfa è stata rilevata una circonferenza di 8 m, a circa 1,30 m dal suolo, e un’altezza di 36 m. L’età presunta si aggira tra i 150-200 anni il che costituisce già di per sé un evento straordinario in quanto questa specie è poco longeva, raggiunge generalmente i 100 anni di età e solo in condizioni particolarmente favorevoli li supera per arrivare a circa 150 anni, ma alcuni indizi fanno pensare che potrebbe essere anche più vecchio. Tuttavia, il valore di questo esemplare va ben al di là delle dimensioni e dell’età, e si deve ricercare nella rarità e unicità del suo patrimonio genetico.
Il pioppo nero è un’essenza tipica dei terreni alluvionali, forma spesso popolamenti ripariali ai lati di ruscelli o corsi d’acqua maggiori, e riesce a colonizzare con una certa facilità aree umide aperte per mezzo dei semi, muniti di filamenti cotonosi che formano il pappo il quale permette il loro trasporto anche a grandi distanze tramite il vento. Nonostante la grande rusticità e la facilità di adattamento, questa essenza è fra le specie arboree europee quella più vulnerabile e a rischio di estinzione. Le principali minacce alla sue risorse genetiche derivano principalmente dall’alterazione, in alcuni casi dalla distruzione, degli ecosistemi ripariali ad opera delle attività umane e dalla bonifica di terreni alluvionali per renderli adatti alle coltivazioni agricole. Altro serio motivo di preoccupazione è rappresentato dall’impoverimento genetico dovuto alla sostituzione di questa specie con pioppi ibridi di rapido accrescimento. Quando in Italia, nei primi anni del Novecento, si diffuse in modo intensivo la pioppicoltura moderna, l’autoctono pioppo nero venne progressivamente sostituito con cloni ibridi ottenuti selezionando altre specie, di cui alcune nordamericane, le quali, diffondendo il loro polline su vaste aree, hanno permesso la nascita di numerose piante non pure geneticamente.
A livello di osservazione è difficile riconoscere la forma tipica dalle diverse cultivar in quanto le differenze anatomiche sono spesso del tutto irrilevanti e per poterlo fare bisogna effettuare indagini genetiche. L’età del pioppo nero del Giardino di Ninfa ci indica che sicuramente non è stato inquinato da polline di specie “diverse” e perciò si può affermare con sicurezza che è geneticamente puro. L’ambiente non contaminato e le attente pratiche di coltivazione nei confronti di questo albero, hanno fatto sì che la natura potesse conservare e trasmettere alle generazioni future il prezioso contenuto di geni.