di Luciano Monti, Docente di Politica Economica Europea alla LUISS di Roma, poeta
L’incanto di Ninfa è stato prodigioso stimolatore di poeti. Nel precedente numero abbiamo riportato una poesia di Giorgio Bassani. Ospitiamo qui un poema del professor Luciano Monti, ispirato da una giornata di maltempo e di freddo che, evidentemente, non hanno interrotto il flusso di sentimenti che si stabilisce a Ninfa tra il suo giardino, le sue rovine medievali e chi li visita.
È un poema colto, se così si può dire, banalizzandolo; ma è un poema che trae chiaramente ispirazione da letture importanti della letteratura classica cristiana e laica che si potrà leggere in calce al componimento. Tra quegli echi riemergono i quattro fiumi che scorrevano nel Giardino di Eden, ricordati dalle vicende della Mezzaluna fertile: Nilo, Giordano, Tigri ed Eufrate.
IL GIARDINO DEGLI ALBERI
I-TERRA DEL SUD
Stremata dal viaggio nei trenta deserti
la carovana è finalmente approdata
qui; si arresta, si abbatte, e la lunga
e mesta fila di viandanti e fuggitivi
è ora caravanserraglio di banani
franti. Hanno ancora gli stracci pregni
di sabbia e i volti asciutti e arsi. Gli occhi
arrossati, troppe volte si sono
illusi di vedere la meta e ora innanzi
alla quiete del fiume primo,
quasi increduli, inanellati
in volti immobili, socchiusi
si smarriscono nella bruma. Poi,
nello stupore, è il profeta a parlare:
– vengo dalla valle delle oasi
alla ricerca dell’Oasi prima,
giardino di delizie, perché è scritto
che qui i servi di Dio avranno
provvidenza ben nota, frutti
e saranno onorati1e qui vedo,
e qui bevo senza esserne ebbro
un fiume di liquore limpidissimo
e chiaro e delizioso. Sono dunque qui,
perché fu detto: non vi è nessuno
di noi che non abbia un luogo prescritto
e noi siam noi che ci schieramo in schiere2
Sono dunque qui, fuggito da Bassora,
perché troppo sangue ho visto scorrere
tra le mura di Uruk e troppo ho odiato
i servi di Cristo e di Cesare ancora.
II-LA TERRA DEL GIARDINO SEGRETO
Del giardino la magnolia grandiflora
conosce ogni segreto, e dei mille
agrumi che lo ornano, come melograni
e altri frutti preziosi3, ricorda ciascun nome.
Regina del popolo eletto,
hanno cinto di mura vane
i confini della sua terra contesa.
Per compagno un cigno, che nuota
nella sorgente e fonte4, si inchina
al profeta e lo interroga e domanda
– quando sarà il tempo? – lascio un mucchio
di immagini frante e città devastate
e alture distrutte5 e si dice che
l’albero morto non dà riparo,
né il grillo sollievo, l’arida pietra
non dà suono di acqua6 – L’Albero
sa che a difenderlo, non le mura,
sono le sue radici rette,
come schiere di balsamo7.- chi ha osato
calpestarle lo ho trasformato
in stolida canna, mosca di morte8,
battuta ora dall’altezza di vento9
si fa voce di sterpi[10] – Di nuovo il profeta:
– in quel canneto traboccante11 Noè
ha trovato qui il suo legno12, Io ho aperto
un varco innanzi. Prima Eva è stata
ingannata, e non c’erano foglie13 per
il fiume, ma gli sterpi sono opposti alla via:
– “oltre il muro non è dato andare
e ti morderà l’angelo14 serpente15 –
III-LA TERRA DI ITRON16
Maestoso e solitario dorme il leccio
dalle movenze lente, antico principe
guerriero veste ancora il suo manto
verde dell’Arcadia17 di tante battaglie.
Le sue fronde sul Colle degli Indovini18
avanti a Gerusalemme19, le sue radici
scosse dalla caduta di Costantinopoli;
il suo legno si è fatto Croce.
Ora riposa qui, dove passano i cirri20.
– hai fatto per me giardini i frutteti?21 –
Gli domanda il profeta – io ho piantato
in essi legni di ogni frutto –
Tace l’albero dormiente
a parlare è il sole, avanzo di luce22.
Sopraggiunto all’improvviso
traccia l’ombra dei suoi rami scuri
sulla terra della lacrima oppressa23.
I rami, protesi, come raggi dorati,
sono adagiati, abbassati ma
non inchinati, spogli, ma non
denudati. Le trame che narra
giungono alle rovine di una chiesa:
– ho visto profanare Santa Sofia,
ma qui, ora, tutto è spreco di sprechi24 –
Ora capisco, solo ora capisco
perché ritorno con un palmo di calma25
e di questa foresta che germoglia
legni26 faccio tesoro dei miei sbagli,
raccolgo il senso del mio errare
per il terzo grande fiume.
IV-LA TERRA DELLE CASE ALBERO
Sono due gli angeli, rimasti a lume,
nella chiesa madre della città
irreale27. Spetta ora a cipressi
immortali, alberi primi,
sorreggere le sue navate al cielo.
Il campanile diruto è spoglio
di campane ma ancora è la brezza
che accompagna la preghiera,
di ciottoli sparsi, fronte nivea28
nel verdeprato di ortiche. Un tempo
hanno vestito archi e rosoni
e ora, silenziosi, animano
di fede questo luogo delle case
albero. Da qui il mondo degli uomini
pare vano e dietro le bifore
superstiti delle rovine pietrose29
si vede ora solo il bruno declinare
della grande foresta30. Un tempo
nell’impenetrabile urbe, le porte
di cedro sbarrate31 e i muri opposti
agli uomini in armi e agli ignoti;
i ponti cucivano terre amiche
o fossi per respingere nemici.
Ma ora, da quest’umile capanno
ogni barriera è infranta e la
melodia delle acque mosse canta
per tutti noi. Qui a oriente l’acqua
è del quarto fiume e bagna la regione
dell’oro, resina profumata e onice,
e raccoglie le spoglie dei cedri vinti32.
V- IL GIARDINO DEGLI ALBERI33
Antico è il ponte che stringe i palmi aperti
dei quattro fiumi, animato da pietre
leggere ora. Come braccia tese
di anime attente anelano le alghe
sinuose, quasi aeree e brume
nell’invisibile e lento incedere.
In lontananza, solo in lontananza
ancora il bianco di rapide in affanno
per il ricordo vivo dei fuochi sul Colle34.
Non qui nel glorioso giardino35, non ora,
le anime dei profeti cantano infine
la salvezza eterna e gli alberi viandanti,
rimangono assorti in comuni pensieri,
strette le membra, appollaiati quasi,
come stanchi uccelli migrati.
Il grande pioppo nero, ultima porta36,
radicato per l’eternità37 e spoglio
non getta ombra, ma i suoi rami hanno
conosciuto la fine della parola38.
D’oro è il suo materno abbraccio39
e le sue invisibili radici
tendono i due archi del piccolo ponte.
Ora i profeti paiono stretti sotto
il grande manto40. Poco distante un coro
maestoso di giunchi senza età
si fa folla di pensieri celesti, e ciascuno
un pentagramma di note fuggevoli.
Non si ode nulla, perché gli angeli
intonano melodia silenziosa e grave
e non resta che ascoltare, il mistero
di questa pace. E’ qui che la, compagna
prima41, durante il sonno di Adamo,
diede un nome ad ogni animale
e a tutti gli uccelli del cielo42.
RIFERIMENTI
- Corano, XXXVII. La Sura degli angeli a schiere, versetti 41 e 42
- Corano, XXXVII. La Sura degli angeli a schiera, versetto 164
- Cantico dei Cantici, 4, 13
- Cantico dei Cantici, 4, 12: “la Sorgente Turata/la Fonte Sigillata
- Ezechiele, VI, 6
- T.S.Eliot, La Terra desolata, I-21, 23
- Cantico dei Cantici, 6, 2
- Kohèlet,10,1
- Kohèlet ,7, 8
- Kohèlet, 7, 6
- Kohèlet, 10, 1
- Genesi, 6,14
- Apocalisse di Mosè, 20
- Apocalisse di Mosè, 17
- Kohèlet, 10, 8
- Kohèlet, I.3
- Pausania, Guida della Grecia, VIII
- Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, XVI, 237
- Kohèlet, 9″
- Kohèlet, 11, 3
- Kohèlet, 2, 5
- Kohèlet, 2, 19
- Kohèlet, 4,1
- Kohèlet, 1, 2
- Isaia, 30,15. Kohèlet 4, 6
- Kohèlet, 2, 6
- T.S. Eliot, La terra desolata, I60
- Ovidio, Metamorfosi, 109-142
- T.S. Eliot, op cit. I, 20
- L’epopea di Gildames,Il viaggio nella foresta.
- Cantico dei Cantici, 8.9
- Epopea di Gildames, op cit.
- In ebraico la radice del nome Paradiso- Kohèlet 2, 5
- Il Colle di Lana, 17 aprile 1916
- Cantico dei Cantici, 8,13
- Ovidio, Odissea, X, 502-529
- Salmi di Salomone, XIV, 4
- Kohèlet, 12,13
- Piero della Francesca, Polittico della Misericordia
- Piero della Francesca, Polittico della Misericordia
- La prima apocalisse di Giacomo, L’esame del viaggio.
- Genesi, 2-20